SFIDA 2000 X 21 - GIORNO 2

E' lunga la strada a volte
Oggi è il 5 Agosto 2016. Quindi non ti preoccupare, sto seguendo scrupolosamente la mia tabella di marcia, anche se leggi altri post inseriti in diversi giorni. Preferisco molto di più fare le cose con calma e relax, piuttosto che andare di fretta, giusto per completare il mio obbiettivo giornaliero di 2000 parole al giorno per ventuno giorni consecutivi. È tosta credimi, non sai quanto.

Anche stavolta ti chiedo scusa nel caso in cui troverai errori di grammatica, di sintassi e di lessico. Scrivo di getto, senza seguire un preciso schema. Guidato solo dalla voglia di migliorarmi ogni giorno in questa bellissima attività chiamata "scrivere". Per migliorarla, così come per ogni cosa, occorre unicamente pratica e ancora pratica. Non ha importanza la perfezione ora, bensì la volontà di andare avanti.

SVELATO IL MOTIVO N.1 PER RENDERE PUBBLICHE LE TUE INTENZIONI ANCHE CONTRO VOGLIA


Ho ricevuto anche delle critiche, sempre a mio avviso costruttive, perché condivido questo esercizio con tutti. Ho constato, nella mia piccola esperienza, che è molto meglio invece rendere pubblico quello che fai, sempre dentro certi limiti. È uno sprono a continuare, come quando prendi un impegno e lo devi rispettare. Da qualche parte nella rete ho letto che uno dei migliori modi per onorare un impegno è quello proprio di renderlo pubblico a tutti.

Perché sarebbe bene rendere plateale, e non spettacolare, determinati impegni personali? Perché è come quando fai una promessa davanti a tutti. Ti senti così, in un modo o in un altro, di doverlo adempire per non perdere la faccia nel momento in cui ti tireresti indietro. È insomma uno di quei momenti in cui ti bruci i ponti dietro per essere sicuro di andare solo avanti.

Quindi bruciamoli pure questi ponti, andiamo avanti senza voltarci indietro. Tanto la strada di prima per tornare non c'è più, è in cenere e impraticabile. Hai vanti soltanto la strada scelta, puoi solo percorrerla fino alla fine per completare il viaggio iniziato. Poco importa gli impedimenti che troverai, hai un unico sentiero davanti a te e l'unica opzione disponibile è proseguire, niente scuse.

Detto questo posso aggiungere che nonostante le difficoltà che ho adesso, ad esempio il sole cocente delle 13:00 dentro una macchina che fa da sauna, non mi pesano per niente. Anzi, mi sto pure divertendo a scrivere in queste condizioni così improponibili. Prova tu a farlo sotto un vulcano di luce che picchia come un peso massimo mentre c'è solo un flebile filo di vento. Al solo pensiero ti sentiresti male, sopratutto per l'assenza dell'aria condizionata.

LA DISAVVENTURA DEL GIOVANE TORRISI NELLA CALDA CONCA D'ORO


L'aria condizionata dell'automobile era andata a prendersi le ferie al posto suo.
Anche proseguendo a 110 km all'ora si schiattava dal caldo. I finestrini abbassati facevano entrare aria torrida asciugando il sudore e aumentando la temperatura del corpo. Quella vecchia 500, quasi ridotta un rottame dopo oltre quattordici anni di utilizzo, sfrecciava eseguendo una sinfonia di rumori strani che nemmeno un meccanico esperto poteva decifrare.
Dal contachilometri proveniva un ronzio da far pensare che l'autodistruzione era imminente. Un suono così fastidioso da far impazzire qualsiasi persona, anche solo dopo quindici minuti netti. Occorreva un addestramento zen per poter ignorare quel lamento continuo, oppure serviva la consapevolezza che non potevi permetterti un'altra automobile decente, come per Torrisi.
Era vestito con i soli bermuda marroni e a torso nudo, nonostante questo l'afa lo torturava sempre di più durante la guida. Inutile pur guidare con i piedi nudi per sentire più fresco: Il caldo implacabile penetrava fin dentro la carne riscaldando il corpo e facendogli rimpiangere le temperature sotto zero della lontana Norvegia.
In macchina c'erano una borsa di cartone contenente una bottiglia e una vaschetta di ghiaccio. Nemmeno dopo venti minuti dall'inizio del viaggio il ghiaccio si era sciolto, impregnando tutto il sedile. L'acqua era diventata così calda che a un certo punto aveva avuto l'impressione che stesse bollendo. «È ora di buttare la pasta» disse vedendo quelle bollicine strane risalire fin su.
Il viaggio da casa sua fino all'azienda di suo zio era lungo. Ben 75 km da fare sotto il sole cocente, percorrendo l'asfalto fumoso di catrame dell'autostrada e sentieri pieni di buche a causa della carenza di manutenzione in zona. Si faceva prima a proseguire dritto perché in ambe due i lati erano presenti buche come crateri pronti a spaccarti la coppa dell'olio quando ci passavi sopra.
Il telefonino iniziò a squillare quando mancavano 15 km a destinazione. Fermò la macchina sul giaciglio della strada, sopra dell'erba alta bruciata dal sole.
Era sua madre.
«Dimmi mamma, è successo qualcosa?» Chiese con tono stanco.
«Sì, mi ha chiamato zio Fabrizio poco fa» disse con fare quasi di scusa.
«E allora? Ha detto che devo prendere più casse di arance?»
«No, ha detto che si è sbagliato. Devi andare domani col furgone da lui. Si è dimenticato che oggi non è lì.»
«Come non è lì? Sono quasi arrivato e sto morendo dal caldo. Non so nemmeno se la macchina ce la fa ad arrivare.»
«Lo so. Ha detto che devi tornare perché è tutto chiuso lì ora. Fai marcia indietro e torna casa.»
Trattenne un'imprecazione e inizio a respirare più veloce. Sentiva l'ansia che lo stava assalendo al solo pensiero di dover tornare domani con quel forno chiamato auto, per non parlare del viaggio di ritorno.
Prese un bel respiro.
«Ok, ora torno. Ci vediamo dopo.»
«Va bene, ciao... Ah senti, potresti passare al supermercato a prendere della frutta?»
Di nuovo trattenne un'imprecazione e fece un respiro profondo.
«Sì... Vado al supermercato a prendere la frutta, ciao» chiuse la chiamata senza aspettare risposta.
Scese dall'auto sbattendo la portiera. Sudava come una cascata mentre respirava fuoco dal naso. Aprì il bagagliaio in cerca di un bidone dell'acqua. Nel mentre che lo tirava fuori lo sportello gli cadde proprio sulla nuca provocando un forte tonfo.
«Ahia minch...!» Iniziò a respirare affannosamente e, con uno scatto di nervosismo, rovesciò su di sé tutta l'acqua ormai calda.
Era solo, circondato da una interminabile distesa di erba bruciata. In lontananza si vedevano le mura dei campi d'arance e dall'altra parte l'Etna, così imponente e così grande. Passò veloce affianco a lui un camioncino carico d'immigrati. Probabilmente stavano andando a fare i raccoglitori in nero nei campi vicini. Lì guardò fino a quando non li perse di vista.
«Aiuto! Aiutatemi!»
Sì volto di scatto dall'altra parte. Era un bambino, ne era sicuro. Non vedeva nulla, solo la strada e l'erba bruciata.
«Aiuto! Aiuto!» Di nuovo una voce dal nulla che chiedeva soccorso. Scrutò meglio l'orizzonte, verso la strada da dov'era venuto. C'era una piccola figura che correva verso di lui, almeno così gli sembrava.
«Aiutoooooo!» L'urlo si fece più disperato.
Per un minuto buono rimase fermo a guardare verso la direzione delle grida. Era in un momento di conflitto. Sapeva che nei dintorni c'erano delle "brave persone" che compivano "brave azioni", sopratutto nel nascondere "amici" da impiccioni. Aveva paura di certa gente. Poi si ricordò che suo zio era uno che contava e che non sopportava che veniva fatto del male a chi non poteva difendersi.
Nel momento in cui realizzò che poteva fare qualcosa, salì subito sull'auto e provò a fare inversione quando non si regolò col pedale del cambio facendo spegnere la macchina.
«No no no, non ora dai!»
Fece grattare la frizione e partì a tavoletta facendo sobbalzare più volte il veicolo.
Sfrecciando veloce arrivò subito e fece una frenata brusca facendo alzare del fumo dai pneumatici consumati.
«Cosa succede piccolo?» Lo aveva riconosciuto, era il figlio di Areni, uno che aveva un grosso terreno lì vicino. Era solito usare un frustino per far lavorare chi era troppo stanco.
Il bambino, vestito con un completino giallo e sporco di terra, indico da dove veniva con il dito. Si sentiva un fischio provenire da lui ogni volta che respirava. Prese fiato per parlare: «Alcuni lavoratori di papà sono diventati brutti brutti e...» Di nuovo inspirò profondamente «... Lo hanno picchiato forte forte con delle pietre facendo uscire tanto sangue dalla testa.»
Torrisi rimase un attimo ammutolito, senza alcun pensiero. Era come un velocista: pronto a scattare nel momento in cui sente lo sparo. Guardò da dove proveniva il ragazzino e c'erano in lontananza delle figure nerissime che correvano verso di loro a piedi.
«Come ti chiami ragazzino?» Gli chiese veloce.
«Pietro, e tu?» Stava tremando dalla paura per quello che aveva visto.
«Io Diego. Sali su che ti porto via da qui, presto» dicendo questo aprì veloce lo sportello passeggeri e butto dietro la busta di cartone.
Pietro sali subito e si allacciò la cintura. «Signore voglio andare via, voglio andare via!»
«Sì, ti porto via, ora corriamo in un posto sicuro.»
«Grazie signore, ho paura.»
Di nuovo come prima fece inversione e la macchina si spense. «No cavolo, non ora, non ora!» guardò nello specchietto retrovisore: quelle ombre nere si stavano avvicinando veloci. «Ma che cosa sono quelli? Cosa sono?» Riaccese l'auto e partì a tavoletta.
«No lo so signore. Sono quelli che lavorano per papà.» Singhiozzava, «stamattina erano venuti come ogni giorno a raccogliere le arance e quando la vecchia che urlava se ne è andata son diventati strati.»
«La vecchia che urlava?» Domandò Diego mentre spingeva col piede sull'acceleratore e guardava dietro dallo specchietto retrovisore. «Chi è questa vecchia che urlava?»
«Non lo so. Urlava contro papà che voleva dei soldi. Poi quando l'hanno portata via, l'ho vista che prendeva la sua collana e diceva delle parole strane.»
«Che parole ha detto?» Sgranò gli occhi quando vide quelle cose avvicinarsi sempre di più. Erano persone, vestite di stracci e completamenti neri di pelle, più neri del buio.
«Non lo so, non l'ho capito. Gli erano diventati gli occhi neri neri neri ed è andata via ridendo.»
«Guarda la strada Pietro» disse simulando un tono rassicurante indicando davanti «Ti porto da mio zio, ha un campo di aranci qui vicino.»
«Sì sì, faccio il bravo.»
Com'era possibile che degli uomini normali andavano così veloci a piedi?
E com'erano poi quegli occhi? Sembravano lucenti.
Per un attimo quelle ombre si erano avvicinate così tanto da sfiorare l'auto senza riuscirci. Dei lamenti gutturali uscivano dalle loro bocche, non erano suoni umani quelli.
«Guarda fisso davanti! Guarda fisso davanti» Esclamò impaurito Torrisi.
«Sì signore sì» replico tremante Pietro.
Spinse il piede nell'acceleratore fino in fondo. Iniziò così a distanziarli di più.
Svoltò di colpo a destra ed entrò in una strada sterrata cercando di mantenere alta la velocità.
«Andiamo dai! Manca poco, solo pochi chilometri e saremo al sicuro.»
Non capiva cosa stava succedendo. Troppo in fretta e troppo strano.
Dieci minuti dopo di corsa folle uscì del fumo bianco dal motore.
«Oh no, il radiatore! No!»
Scese subito dall'auto e guardò dietro verso la radura: nessuno. Sembrava come li avessero distanziati di parecchio e fossero al sicuro.
«Stai qui Pietro, mi raccomando non scendere.»
Il bambino fece cenno di sì con la testa. Aveva i pantaloncini bagnati e gli occhi azzurri sgranati.
Aprì il bagagliaio, prese un bidone dell'acqua e si voltò: niente, erano scomparsi, meglio così.
Era una situazione totalmente assurda e irrazionale per lui. Non era possibile quello che aveva visto e quello che aveva sentito. Meglio andare subito via.
Chiuso il bagagliaio sentì in lontananza di nuovo quei versi gutturali. Erano lì, sulla radura, un gruppetto di forme umane nere che fissava la piccola macchina sotto il sole rovente.
Corse verso lo sportello. Il piede destro colpì forte una pietra sporgente aguzza facendolo inciampare. La testa andò in contro a un masso provocando un forte rumore sordo.
Pietro scese subito dalla macchina «Signore, signore, come sta?» Provò a scuoterlo con le sue deboli forse «Signore!».
Le terribili urla si fecero più forti.
«Signore!» Urlò il bambino nel disperato tentativo di svegliarlo. Quando guardò verso gli uomini neri che correvano come forsennati gli venne un sussulto e riprese a scappare.

ECCOCI ALLA FINE NONOSTANTE IL CALDO TORRIDO


Bene, non mi aspettavo d'iniziare un piccolo racconto breve. Potrebbe essere il primo capitolo di un romanzo o altro ancora. Non ti garantisco che lo continuerò nei giorni successivi. Nah, scherzo, lo continuerò sicuramente. Trovo interessante iniziare un progetto nato spontaneamente senza alcuna premeditazione.

Ho letto più guide su come scrivere romanzi. C'è chi dice di strutturare mediante una lista tutta l'opera, chi di usare una ruota per gli eventi e chi di fare una mappa mentale. Li ho provati tutti e a mio parere è meglio fare in questo modo, mettersi davanti al foglio bianco e iniziare a scrivere. Il resto verrà da sé. Questo senza togliere alcun merito a chi segue determinate tecniche e riesce a creare capolavori.

Beati loro che ci riescono.

P.s. Da notare che durante la stesura mi son dovuto spostare più volte. Dovrebbero fare santo subito chi ha inventato i portatili.

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